Quattordici impianti di depurazione pugliesi risultano ancora non conformi alla direttiva comunitaria sul trattamento delle acque reflue urbane. E’ quanto emerso dal monitoraggio di Legambiente Puglia sullo stato di salute dei 185 depuratori pugliesi e sul monitoraggio delle foci fluviale e degli scarichi in battigia svolto da Arpa Puglia e Guardia Costiera, nell’ambito della campagna Goletta Verde 2020. Dei 27 agglomerati originariamente interessati dalla procedura di infrazione 2014/2059 ai danni dell’Italia per il mancato rispetto della direttiva comunitaria sul trattamento delle acque reflue urbane (91/271/Cee), dopo verifiche, la Commissione Europea ha confermato la non conformità per 14 agglomerati: sono sottodimensionati i depuratori di Andria, Bari, Bovino, Carlantino, Castrignano del Capo, Corato, Montemesola, San Ferdinando di Puglia, San Severo e Volturino; inadeguato per vetustà delle opere quello ad Ascoli Satriano; mentre per quelli di Bitonto, Lucera e Molfetta sono stati rilevati superamenti dei limiti allo scarico.

Per adeguarsi alla direttiva sono in corso interventi ad Andria e Corato (che termineranno nel 2020), a Bari (per il 2021) Montemesola e San Ferdinando di Puglia (nel 2022), Carlantino, Castrignano del Capo e San Severo (nel 2023), Volturino e Ascoli Satriano (nel 2024) e Bovino (nel 2025). A questi si aggiungono altri 8 agglomerati interessati dalla procedura di infrazione 2017/2181 (Cerignola, Faggiano, Manduria, Manfredonia, Monteiasi, Margherita di Savoia, Palagiano e Serracapriola). Per gli agglomerati oggetto di condanne della Corte di Giustizia Europea in materia di collettamento, fognatura e depurazione delle acque reflue, le criticità relative a quelli di Casamassima e Porto Cesareo, per una quota parte del carico generato, sono state risolte nel 2019 (anche se l’impianto di depurazione di Porto Cesareo non è ancora entrato in esercizio); mentre per l’agglomerato di Taviano sono in corso attività per il completamento della rete fognaria che dovrebbero concludersi entro il 2024.

Focus anche sui fanghi di depurazione, la cui produzione è aumentata tra il 2012 (circa 192.000 tonnellate di fango tal quale prodotto) e il 2018 (circa 218.200 tonnellate di fango tal quale prodotto), con una flessione nel 2019 (190.000 tonnellate). Ma nel 2019, l’81% dei quantitativi di fango di depurazione prodotti è stato conferito in impianti di compostaggio fuori regione o all’interno del territorio pugliese, il 19% in discarica, mentre non sono stati conferiti fanghi in agricoltura. Si registrano però – è stato spiegato – attività messe in campo dalla Regione Puglia per ridurre la produzione, sostenere il recupero e ridurre lo smaltimento in discarica di questi fanghi di depurazione, entro i limiti previsti dalle indicazioni dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico. Interventi si registrano anche per incentivare il riuso delle acque reflue in agricoltura, con il finanziamento di 32 impianti, da Nord a Sud della regione.

Ma per il 2019, risultano essere solo 9 gli impianti (Acquaviva delle Fonti, Casarano, Corsano, Gallipoli, Ostuni, Fasano, Noci, San Pancrazio Salentino e Trinitapoli) in grado di restituire un refluo idoneo al riutilizzo. Un monitoraggio ad hoc è stato effettuato, infine, nei primi sei mesi dell’anno, attraverso campionamenti, in 10 siti lungo l’intera costa pugliese, di cui metaà interessati dallo scarico in battigia di reflui urbani depurati (depuratori di Trani, Bisceglie, Molfetta, Monopoli e Nardò) e l’altra dallo sbocco in mare di fiumi o canali (le foci dei fiumi Candelaro, Ofanto, Bacino Grande, Ostone e Tara), misurando in laboratorio il livello di alcuni elementi, sia chimico-fisici che microbiologici, utili per valutare i potenziali impatti dei corsi d’acqua e degli scarichi sulla qualità delle acque marino-costiere. I dati non fanno emergere significative criticità ambientali, dal momento che non ci sono stati superamenti o scostamenti significativi rispetto ai limiti e/o alle soglie imposte dalle norme.