La produzione e lo spaccio della marijuana erano gestiti da altre persone. Nell’ambito delle indagini sul ritrovamento, dello scorso 19 settembre, di una coltivazione di oltre 5mila piantine di cannabis da parte dei Carabinieri di Trinitapoli ai margini del territorio casalino, spunta un importante dettaglio. A gestire il traffico illecito non erano il proprietario del terreno Leonardo Vito Pappagallo, di 44 anni originario di Trinitapoli, e il guardiano Said Bouzida un marocchino della stessa età, com’era stato affermato il giorno degli arresti, ma terzi. Insomma, secondo l’accusa il processo era questo: tutto era manovrato dal proprietario fondiario, il quale poi affidava al guardiano la raccolta e lo spaccio della sostanza stupefacente. L’impianto accusatorio non ha retto, come ha dichiarato il loro avvocato difensore, Stefano di Feo: «I miei assistiti sono innocenti e quindi il Tribunale di Foggia ha ritenuto di scarcerarli subito. Il signor Pappagallo ha dato in affitto il suo terreno ad altre persone e saranno le indagini poi a sancire se siano responsabili o meno dell’accaduto. Il signor Bouzida, invece, non era affatto il guardiano di quella piantagione, ma di altri raccolti e anche se abbiano trovato in casa della marijuana rientra nell’uso personale».

La coltivazione, lo ricordiamo, era irrigata con un sistema fatto di pompe che tiravano l’acqua da un pozzo e di tubi per l’irrigazione. Le piante, dopo l’essiccazione che avveniva su delle pedane in legno vicino al raccolto, avrebbero prodotto oltre 3 milioni di dosi singole medie da immettere su un mercato gestito dalle famiglie malavitose di Trinitapoli. Secondo una stima fatta dai Carabinieri il valore si aggirava intorno ai 5milioni di euro.