Un evento che consolidò l’unità nazionale. La prima volta in cui gli italiani misero da parte i propri dialetti, simbolo della divisione territoriale del secolo precedente, per parlare un’unica lingua in modo da comprendersi nelle trincee. Una strage definita «inutile» da papa Benedetto XV, ma allo stesso un momento decisivo della storia di tutta l’Europa che venne profondamente ridisegnata al termine del conflitto. La Prima Guerra Mondiale, non a caso definita dagli storici come la Grande Guerra, rivive a Trinitapoli nel museo degli Ipogei dove l’ufficio storico dell’Esercito Italiano ha organizzato una mostra statica in cui sono stati esposti cimeli che raccontano allo sguardo di chi sa osservarli ogni singola giornata vissuta al fronte da tanti italiani che si sacrificarono per la Patria. «Verso la Grande Guerra – ha affermato il Generale Mauro Prezioso, comandante del Comando Militare Esercito Puglia – c’è una grande attenzione istituzionale. Tutta la popolazione dell’epoca è stata coinvolta e per capirlo basta sapere su una popolazione di circa 36milioni di abitanti in Italia, circa 5milioni sono stati chiamati alle armi. E i coscritti erano tutti dell’Esercito. Oggi noi ci sentiamo custodi di quei valori che i giovani dell’inizio del 1900 difesero». La Guerra del ’15 – ’18 come viene volgarmente chiamata, dovuto al fatto che l’Italia prese parte al conflitto dal 1915 fino al 1918, segnò la svolta che permise allo Stivale di unirsi così come lo conosciamo oggi. A Trinitapoli fino a mercoledì 11 ottobre dalle 9 alle 13 e dalle 18 alle 20 in maniera totalmente gratuita è possibile fare un viaggio nel tempo fra divise, elmetti, baglionette e medaglie al Valor Militare di chi, per esempio, se la meritò per il coraggio dimostrato sul monte Sei Busi nel 1915 per essere stato ferito gravemente a causa dell’esplosione di una granata, come successe al Capitano Maggiore Giacomo Triglione originario proprio di Trinitapoli.

Una sezione della mostra è dedicata al risvolto sociale che la Prima Guerra Mondiale ebbe sul popolo Italiano. Durante il conflitto infatti le fabbriche, che prima di allora vedeva impiegati solo gli uomini, diventarono punti di impiego per le donne. La motivazione era molto semplice: con gli uomini impegnati sul fronte, chi restò a casa dovette mandare avanti la produzione industriale. Centrale nella mostra è l’esposizione di cartoline, molte delle quali distribuite dallo Stato ai soldati sul fronte, che illustrano in maniera allegorica le tappe della guerra. In una cartolina, per esempio, è raffigura l’Italia come una donna vestita di bianco che abbraccia due dame in verde e in rosso che rappresentano Trento e Trieste. Un’intera esposizione è dedicata alle cartoline che invitavano gli italiani a fare credito allo Stato in modo da finanziare la guerra. Uno spettacolo storico che nel giorno dell’inaugurazione della mostra non visibile solo all’interno del museo ma anche all’esterno con la Fanfara del 7° Reggimento Bersaglieri che ha intonato la “Leggenda del Piave”, inno nazionale adottato dopo la fine del governo di Benito Mussolini, la “Marcia dei Bersaglieri e la canzone “La Ricciolina”. «La Grande Guerra – ha concluso il Generale – fu una grande tragedia, ma fu anche il primo atto che consolidò i valori di unità e identità nazionale. Per questo noi ancora oggi ci sentiamo custodi di questi valori. È importante che i giovani di oggi abbiano memoria. L’Esercito oggi è al servizio del Paese sia in ambito nazionale che internazionale. I più giovani, come i più anziani, sono qui con noi a celebrare questa pagina storica».