Il Partito Democratico di Trinitapoli non trova pace. Dopo l’esclusione da parte della segreteria nazionale, 9 tra i 16 interessati hanno depositato un ricorso con richiesta di sospensione urgente della delibera emessa dalla Commissione di Garanzia Nazionale, a firma di Donato Piccinino, Leonardo Di Biase e Lillino Barisciano. La loro “colpa” sarebbe quella di avere partecipato alle amministrative di maggio del 2016 in liste alternative a quella del Pd. Ed è proprio su questo punto che si basa il ricorso. Secondo gli esclusi dal partito: «È del tutto evidente che alla competizione elettorale non era presente il Pd né come simbolo né con candidato sindaco diretto», perché affermano che «alla scorsa campagna elettorale alcuni iscritti si sono presentati sotto il simbolo della lista civica “Movimento dei Cavalli” e altri sotto il simbolo di un’altra lista civica “Trinitapoli nel Cuore” a sostegno del candidato sindaco di Sel e comunque non del Partito Democratico. L’unico eletto iscritto al Pd risultò Donato Piccinino, mentre la segretaria Maria Andriano fu bocciata dall’elettorato». Inoltre va aggiunto che alcuni esclusi dal partito addirittura affermano di: «Avere preso parte, in quanto registrati all’Anagrafe Iscritti, al Congresso Nazionale del Pd del 2017 votando sia durante le fasi di Circolo che alle Primarie essendo stato garantito il proprio status di iscritti. Allo stesso tempo è stata rinnovata l’adesione al Pd nel 2017 dalla segreteria provinciale guidata dal commissario Marco Lacarra »

Insomma all’articolo 2 comma 9, diventato ormai famoso dopo 1 e mezzo di diatribe, che esclude dall’anagrafe del partito chi appartiene a liste o movimenti politici diversi da quelli del Pd, vengono aggiunte altre violazioni che secondo i 9 avrebbe commesso la segreteria del circolo cittadino casalino: «Non rispetto dell’articolo 8 dello Statuto nazionale che indica nelle primarie lo strumento per la scelta della carica monocratica del sindaco. Non rispetto del comma 4 dello stesso articolo 8 che, in caso di non svolgimento delle primarie di coalizione, prevede che “si procede con le primarie di partito, a meno che la decisione di utilizzare un diverso metodo, concordato con la coalizione, per la scelta del candidato comune non sia approvata con il voto favorevole dei tre quinti dei componenti dell’Assemblea del livello territoriale corrispondente”. Nessuna assemblea degli iscritti, unico soggetto legittimato, è stata mai convocata con apposito ordine del giorno». Una storia che sembrava fosse finita, invece pare non lo sia affatto. Da quanto attestato dal ricorso depositato: «L’Assemblea degli iscritti di Trinitapoli non ha deliberato con maggioranza del 60 percento di sostenere il candidato di un altro partito, in quanto l’unica assemblea convocata all’epoca dei fatti, non dalla segreteria locale ma dalla minoranza di 1/3 degli iscritti, aveva come ordine del giorno “Scelta del candidato sindaco Pd attraverso le primarie in applicazione dello statuto nazionale”. Nei verbali o documenti non c’è traccia di altre forme di partecipazione. Quindi ogni scelta fatta e compiuta a nome del partito è considerata del tutto arbitraria e non supportata da validi contributi statutari o regolamentari». La richiesta è chiara: «Si chiede di garantire lo status di iscritti ai ricorrenti al fine di salvaguardare i diritti degli iscritti sanciti dallo Statuto e dal Codice Etico, nelle more di un doveroso e corretto esame della vicenda che metta i sottoscritti nelle condizioni, sancite dal Regolamento delle commissioni di garanzia, di presentare la dovuta e legittima difesa».